La scaltrezza del cristiano

Pubblicato giorno 22 settembre 2019 - In home page

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Domenica 22 settembre 2019. Omelia nella festa parrocchiale di inizio d’anno.

Il vangelo oggi ci invita alla scaltrezza e ci pone innanzi l’esempio osceno di una persona disonesta che si comporta con scaltrezza e sa cavarsela in una situazione difficile.
Gesù non loda la disonestà, ma la determinazione ad andare fino in fondo per ottenere ciò di cui ha bisogno, senza indugi.
Potremmo dire che la scaltrezza è proprio l’atteggiamento tipico di chi non si perde, di chi non fa la figura “dell’invorvito”; di chi sa cosa fare anche nei momenti difficili.
Ci chiediamo: noi siamo persone scaltre? mentre tutti affermano che ci troviamo in un periodo di crisi, usiamo la scaltrezza per tenere ciò che più conta e non rischiare di perdere tutto?

Questo non è l’unico periodo difficile della storia. Ogni generazione vive i suoi momenti di difficoltà. La storia della Chiesa, la grande tradizione, ci permette di attingere ad una sapienza provata che ha portato frutto in circostanze diverse, ma altrettanto difficili.

Mi viene in mente la figura di san Colombano che nel VII secolo percorre alcune regioni dell’Europa per ri-evangelizzarle. Lui, con undici compagni decide di fondare dei monasteri. al tempo di Colombano il monastero non era una realtà separata dal mondo, ma la testimonianza di una vita che metteva al centro il Vangelo. Chi fosse interessato può leggere questo articolo che ho scritto su san Colombano e il suo impegno di evangelizzazione (ci sono tre punti importanti nella sua azione missionaria che mi sembrano molto validi anche per l’oggi).
La scorsa settimana, con un gruppo di scout del Clan, eravamo in Albania, un paese che ha visto una persecuzione feroce e sistematica per cancellare ogni pensiero su Dio; alcune famiglie cristiane hanno messo a rischio la loro vita per insegnare ai loro bambini la fede attraverso le preghiere e la condivisione del poco che possedevano con le famiglie dei vicini.

Ci sono cinque elementi che, secondo me, dobbiamo salvare in questo tempo per dimostrarci scaltri .

1. Il primato di Dio. La nostra fede ci insegna che Dio è il creatore ed è colui che provvede alla nostra vita, ci accompagna con la sua presenza, ci guida nelle scelte con il dono del suo Spirito. Stiamo salvando questa priorità? Come? In un mondo in cui attraverso la tecnologia si pensa di avere il potere su tutto e di poter fare tutto con un clic, cosa significa affermare il primato di Dio? Se non lo viviamo noi credenti chi potrà viverlo? Il primato di Dio significa dare un ordine alla propria vita nell’utilizzo del tempo; dare un ordine nelle proprie scelte; vivere le situazioni, anche le più difficili, con un punto di riferimento che parte dalla fede. Se non affermiamo il primato di Dio noi che ci diciamo credenti, non siamo per nulla scaltri.

A questo proposito due proposte saranno rivolte agli adulti in questo anno:
– una catechesi sui dieci comandamenti per ricuperare questo antico percorso di libertà e di obbedienza alla volontà di Dio (iniziamo il 10 ottobre al pomeriggio alle 15.30 e alla sera alle 21 al Suffragio);
– un incontro breve tra adulti ogni giovedì sera (dal 3 ottobre ore 20.30 al Suffragio) sul vangelo della domenica precedente, per capire come si incarna nella nostra vita.
Abbiamo bisogno di aiutarci per affermare il primato di Dio nella realtà in cui viviamo.

2. La dignità dell’uomo. Se non mettiamo in salvo la dignità della persona umana in ogni circostanza della vita, non siamo persone scaltre. Se non affermiamo e non compiamo scelte che affermino che ogni uomo è prezioso agli occhi di Dio, dal momento del concepimento, fino alla morte; indipendentemente dalla sua nazionalità, razza e religione; indipendentemente dalla sua condizione di salute e dalla sua età, rischiamo di essere degli invorniti! Non si tratta di adesione ad un pensiero politico piuttosto che ad un altro, ma di affermare una verità irrinunciabile: ogni persona è preziosa agli occhi di Dio e nessuno leader politico ci può convincere del contrario.

Per questo è importare confermare il nostro impegno per l’accoglienza delle due famiglie siriane (insieme alla parrocchia di san Vito); non bastano le parole, occorre mettere in atto dei gesti, magari piccoli, ma importanti per dire che non rimaniamo indifferenti. Chi volesse coinvolgersi può contattare la parrocchia.
Anche un rinnovato sostegno alla Caritas parrocchiale è importante, perché anche in mezzo a noi ci sono persone che hanno bisogno di essere guardate con affetto e abbracciate nelle loro necessità. La Caritas non è una associazione, ma esprime l’impegno caritativo di tutta la comunità e tutti possono coinvolgersi in modo diverso.

3. Il valore della famiglia. La famiglia è e rimane il punto di riferimento principale, soprattutto nell’educazione dei figli. La famiglia non può delegare a nessuno questo impegno educativo, anche quando è difficile. L’imprinting fondamentale dell’educazione viene dato nella famiglia e tutte le altre realtà educative (scuola, parrocchia, sport, …) devono collaborare con i genitori per aiutarli a svolgere il loro compito. Noi, come parrocchia, vogliamo stare accanto ai genitori, riconoscendo il loro compito importante.

A tal fine inviteremo le famiglie a momenti di condivisione, per metterci accanto a loro e condividere il loro impegno educativo.

4. Un impegno nell’animazione della cultura. E’ un percorso che abbiamo intrapreso da tempo, ma che vogliamo confermare. La realtà in cui viviamo ci presenta della grandi sfide di fronte alle quali, come comunità cristiana, non vogliamo e non possiamo rimanere muti. Parliamo non perché siamo più intelligenti degli altri o perché vogliamo imporre il nostro modo di vedere, ma perché attingendo dalla sapienza del Vangelo e dalla grande tradizione della Chiesa, desideriamo portare un contributo per rendere il mondo un po’ più bello.

Una bella occasione sarà data dall’incontro organizzato dal MASCI il prossimo 7 ottobre (ore 21.00 – Aula Magna Istituto Molari) in cui due intellettuali – una cristiana e una mussulmana – si confronteranno sul documento firmato lo scorso 4 febbraio ad Abu Dhabi da papa Francesco e dal grande Iman di Al Azar sul tema della fratellanza: è un contributo di riflessione importante per la nostra città di Santarcangelo.

5. Infine la sfida dell’unità. La nostra comunità non può disperdersi in tanti frammenti. La giusta differenza tra associazioni, vocazioni, sensibilità, non può farci perdere la consapevolezza di essere un unico corpo. La distinzioni non possono mai prevalere sull’unità e sulla comunione. Dobbiamo imparare a guardarci con occhi diversi per riconoscere ciò che ci unisce prima di ciò che ci distingue.

La partecipazione alla messa domenicale; il riunirsi insieme intorno all’altare del Signore per ascoltare la sua Parola e spezzare il pane dell’eucaristia, è il richiamo e la rigenerazione necessaria per riaffermare la nostra unità; un’unità che richiede l’impegno e il contributo di tutti perché non è costruita su un minimo comune multiplo, ma su un massimo di condivisione di tutto il bello di cui ognuno di noi – e ogni realtà – è portatore.

Siamo in un tempo di crisi; siamo in un tempo di sfide.
Dobbiamo agire con scaltrezza per riconoscere come è importante attraversare questo tempo, salvando ciò che conta di più e non rischiando di fare la figura degli “invorniti”.

Buon anno pastorale.

don Andrea